Famiglia siriana divisa da un timbro. Madre a Berlino, padre e figli in Bosnia. Tutti riconosciuti come profughi, ma lontani da quasi 5 anni. Truffati in Grecia, bloccati nei Balcani. “Vogliamo solo tornare a vivere insieme e dimenticare la guerra in Siria”
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La storia della famiglia Adday, raccontata molto bene da Nello Scavo su Avvenire del 2 novembre 2021, è una storia che ci tocca veramente da vicino perché li conosciamo fin dal loro arrivo in Bosnia Erzegovina a Sarajevo nel 2018.

Una famiglia in fuga dalla Siria attraversata da una storia rocambolesca fatta di errori burocratici e truffe che troppo spesso sono all’ordine del giorno, ma che finalmente è stata autorizzata dall’Ambasciata tedesca di Sarajevo a ricongiungersi alla madre, da cui sono separati dal 2017, momento in cui lei è riuscita ad arrivare in Germania ed ottenere lo status di rifugiata.

Nel marzo 2018, Mohammad e i suoi tre figli sono arrivati in Bosnia Erzegovina, dove hanno ottenuto lo status di protezione internazionale. Supportati dall’UNHCR e da un’associazione locale di assistenza legale hanno presentato domanda di riunificazione attraverso l’ambasciata tedesca a Sarajevo.

Dopo una lunga attesa, e una serie continua di richieste di documenti vari, la loro richiesta di ricongiungimento è stata respinta qualche mese fa. Nelle motivazioni si fa esplicito riferimento al fatto che la domanda di ricongiungimento è stata presentata trascorsi tre mesi dal riconoscimento dello status della sig.ra Aldandal, e quindi non può beneficiare del trattamento preferenziale riservato ai rifugiati.

Ma negli utlimi giorni grazie all’impegno delle persone che non hanno lasciato sola questa famiglia, e grazie al lavoro di un avvocato a Berlino, la situazione ha avuto un risvolto positivo, come conferma Silvia Maraone, nostra responsabile dei progetti in Bosnia Erzegovina:
“Insieme a Caritas siamo riusciti a sbloccare la situazione anche grazie all’interessamento della delegazione degli europarlamentari che fecero visita ai nostri progetti l’inverno scorso che ringrazio in modo particolare (guarda il video messaggio https://fb.watch/bp3l_r6JO2/), ma ora, che tutto sembra esser risolto e andare per il verso giusto abbiamo ancora un piccolo intoppo. Già perché ora che devono partire non hanno nessun mezzo di sostentamento per far fronte al viaggio, al vestiario e per i primi tempi di vita a Berlino dove dovranno provvedere al vitto, ai trasporti e al sostentamento scolastico dei propri figli”.

Noi crediamo che con un piccolo sforzo di ognuno di noi possiamo permettere a questa famiglia di ricominciare una vita e di farlo nel modo migliore, insieme e non sentendosi soli, ma sostenuti da una comunità che è stata loro vicina in tutto questo tempo.

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Si ringrazia Nello Scavo per l’autorizzazione all’utilizzo dell’articolo apparso su Avvenire il 2.11.2021 e la famiglia Adday per l’utilizzo delle immagini.